La costituzione economica dell'Unione europea al tempo della crisi globale

AuthorGianpaolo Maria Ruotolo
Pages433-461
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Studi sull’integrazione europea, VII (2012), pp. 433-461
Gianpaolo Maria Ruotolo*
La costituzione economica
dell’Unione europea
al tempo della crisi globale
S: 1. La crisi finanziaria ed economica e il diritto dell’Unione europea: regole di disci-
plina della situazione fisiologica, norme generali di intervento in situazioni patologiche e
strumenti ad hoc per la gestione della crisi in atto. – 2. Gli obiettivi dell’Unione europea nel
settore economico e monetario e la disciplina del quadro economico-finanziario in condizio-
ni fisiologiche. – 3. Le norme generali di gestione delle situazioni economico-finanziarie
patologiche: la procedura per eccesso di disavanzo. – 4. Segue: i divieti di bail out. – 5.
Strumenti che aggiornano istituti preesistenti alle esigenze di management della crisi in atto:
il semestre europeo, il Patto Euro Plus e il Six Pack. – 6. Strumenti ad hoc per la gestione
della crisi: il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria e il Fondo europeo di stabi-
lità finanziaria. – 7. Segue: il Trattato sulla stabilità il coordinamento e la governance nell’U-
nione economica e monetaria. – 8. Segue: il Meccanismo europeo di stabilità. – 9.
Conclusioni: le conseguenze delle misure anticrisi sul sistema UE nel suo complesso.
1. La crisi finanziaria ed economica in atto ormai quanto meno dall’estate del
2007, a causa delle sue dimensioni e della sua rilevanza universale, ha imposto
praticamente a tutti i membri della Comunità internazionale la ricerca di stru-
menti idonei a tentare di “governarla”, cioè di impedirne l’aggravarsi e di argi-
narne le drammatiche conseguenze sull’economia reale. Si è così assistito alla
proliferazione di studi esplicativi della crisi commissionati da parte di Stati,
organizzazioni internazionali e non governative a studiosi delle più varie bran-
che, studi che si sono andati ad aggiungere alla già sterminata mole di letteratura
per così dire puramente accademica1: sono così emersi essenzialmente quattro
“schemi” di spiegazione del fenomeno, che, come vedremo, hanno condizionato,
a seconda di quale di essi è stato ritenuto maggiormente condivisibile dal rego-
latore di turno, le misure adottate per affrontare la crisi medesima.
* Ricercatore di Diritto internazionale nell’Università degli studi di Foggia.
1 In generale sulle situazioni di insostenibilità del debito pubblico cfr. M. C. M, Se a falli-
re sono gli Stati, in A. L, G. S (a cura di), Problemi e tendenze del diritto internazio-
nale dell’economia. Liber amicorum in onore di Paolo Picone, Napoli, 2011, p. 213 ss. Cfr. anche A.
P (ed.), The Real World Economic Outlook, London-Basingstoke, 2003; I., The Coming First
World Debt Crisis, London-Basingstoke, 2006; C. W, Debt Crisis, in R. W (ed.), The
Max Planck Encyclopedia of Public International Law, Oxford, 2008, www.mpepil.com.
Gianpaolo Maria Ruotolo
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Secondo un primo modello, detto della debtonation – espressione che nasce
dalla fusione delle parole debt, debito, e detonation, esplosione – la crisi troverebbe
la propria causa originaria nell’eccesso di credito concesso dal sistema bancario
statunitense per l’acquisto della casa a privati cittadini che, in realtà, non erano in
grado di sostenere il debito assunto (i c.d. mutui sub-standard o sub-prime); l’insol-
venza di questi ultimi avrebbe messo in difficoltà le banche e, per il loro tramite, le
società che le avevano assicurate dal rischio di insolvenza dei debitori; le difficoltà
si sarebbero poi trasferite sul sistema finanziario nel suo complesso2.
Stando ad un’altra ricostruzione, la causa della crisi sarebbe invece individua-
bile nella sostanziale ipertrofia della finanza mondiale che, in particolare negli
ultimi vent’anni, avrebbe assunto dimensioni eccessive rispetto all’economia reale
con la creazione di innumerevoli prodotti “sintetici”, cioè senza alcuna corrispon-
dente ricchezza sottostante3; la crisi, insomma, non sarebbe stata “un incidente di
percorso” ma “una conseguenza inevitabile” della struttura dell’economia e della
finanza contemporanee4 e in quanto tale, quindi, non sarebbe neppure una crisi in
senso stretto, intendendosi con questa espressione la perdita di equilibrio del
sistema, quanto il suo approdo per così dire naturale, sebbene perverso.
Un terzo modello esplicativo attribuisce poi la responsabilità della situazione
attuale alla crescita delle disuguaglianze economiche, sia tra Nord e Sud del
mondo – legata in particolare all’aumento dei prezzi di alcuni prodotti di base,
in particolare delle c.d. commodities5, verificatosi negli ultimi dieci anni – sia
all’interno dei Paesi industrializzati, dove si è assistito alla riduzione della per-
centuale dei salari sul valore complessivo del prodotto interno lordo, contempo-
raneamente all’aumento di redditi da profitto: ciò avrebbe comportato una stasi
della domanda interna che, assieme alla ridotta propensione dei percettori di
profitti e rendite agli investimenti produttivi, avrebbe avviato un ciclo di stagna-
zione dell’economia che sarebbe poi sfociato nella crisi6.
Venendo ad argomenti più vicini a quelli di nostro diretto interesse, l’ultimo
modello esplicativo invece imputa la responsabilità della crisi alla sostanziale
2 Sulle cause della crisi originaria negli Stati Uniti è illuminante il lm documentario, premio
Oscar 2010, di C. F, Inside Job, non distribuito in Italia nelle sale, ma pubblicato nella
collana Real Cinema di Feltrinelli nel 2012.
3 In tal senso è altamente esplicativo, sin dal titolo, il lavoro di J. C, If Financial Market
Competition is So Intense, Why are Financial Firm Prots so High? Reections on the Current
“Golden Age” of Finance, University of Massachussets Working Paper Series n. 134, 2008, repe-
ribile on line.
4 Cfr. L. G, Finanzcapitalismo, Torino, 2011, p. 45 ss., anche per le espressioni citate
tra virgolette; Gallino procede anche ad una classicazione dei vari modelli; sebbene tale classi-
cazione non sia del tutto coincidente con quella da noi effettuata, si fa rinvio all’opera appena ci-
tata per un’analisi approfondita dei detti modelli.
5 Con l’espressione “commodity”, come noto, si fa riferimento a quei beni offerti su un merca-
to, senza differenze qualitative, da diversi operatori; prodotti siffatti, in pratica, hanno caratteristi-
che identiche indipendentemente da chi li produce; si pensi, ad esempio, a petrolio, latte, metalli.
6 J. B. T, The Financial Crisis and the Policy Responses: An Empirical Analysis of
What Went Wrong, National Bureau of Economic Research Working Paper No. 14631, 2009,
www.nber.org.

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