X v État belge.

JurisdictionEuropean Union
ECLIECLI:EU:C:2021:657
Date02 September 2021
Docket NumberC-930/19
Celex Number62019CJ0930
CourtCourt of Justice (European Union)

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

2 settembre 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 13, paragrafo 2 – Diritto di soggiorno dei familiari di un cittadino dell’Unione – Matrimonio tra un cittadino dell’Unione e un cittadino di un paese terzo – Mantenimento, in caso di divorzio, del diritto di soggiorno di un cittadino di un paese terzo vittima di atti di violenza domestica commessi dal coniuge – Obbligo di dimostrare l’esistenza di risorse sufficienti – Assenza di tale obbligo nella direttiva 2003/86/CE – Validità – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 20 e 21 – Parità di trattamento – Differenza di trattamento a seconda che il richiedente il ricongiungimento sia cittadino dell’Unione o cittadino di un paese terzo – Non comparabilità delle situazioni»

Nella causa C‑930/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil du contentieux des étrangers (Consiglio per il contenzioso degli stranieri, Belgio), con decisione del 13 dicembre 2019, pervenuta in cancelleria il 20 dicembre 2019, nel procedimento

X

contro

État belge,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta (relatrice), vicepresidente, J.-C. Bonichot, A. Prechal, M. Vilaras, N. Piçarra e A. Kumin, presidenti di sezione, M. Safjan, D. Šváby, S. Rodin, K. Jürimäe, P.G. Xuereb, L.S. Rossi, I. Jarukaitis e J. Passer, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 dicembre 2020,

considerate le osservazioni presentate:

– per X, da J. Wolsey e E. Didi, avocats;

– per il governo belga, da L. Van den Broeck, M. Jacobs, e C. Pochet, in qualità di agenti, assistite da E. Derriks, K. De Haes e G. van Witzenburg, avocats;

– per il Parlamento europeo, da D. Warin e R. van de Westelaken, in qualità di agenti;

– per il Consiglio dell’Unione europea, da S. Boelaert e R. Meyer, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da C. Cattabriga e E. Montaguti, in qualità di agenti;

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 marzo 2021

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifiche in GU 2004, L 229, pag. 35, in GU 2007, L 204, pag. 28 e in GU 2014, L 305, pag. 116), alla luce degli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra X e l’État belge (Stato belga) in merito al mantenimento del suo diritto di soggiorno sul territorio belga.

Contesto normativo

Diritto dellUnione

Direttiva 2004/38

3 Ai sensi dei considerando da 1 a 3, 5, 10 e 15 della direttiva 2004/38:

«(1) La cittadinanza dell’Unione conferisce a ciascun cittadino dell’Unione il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal trattato [FUE] e le disposizioni adottate in applicazione dello stesso.

(2) La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno che comprende uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata tale libertà secondo le disposizioni del trattato [FUE].

(3) La cittadinanza dell’Unione dovrebbe costituire lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera circolazione e di soggiorno. È pertanto necessario codificare e rivedere gli strumenti comunitari esistenti che trattano separatamente di lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, studenti ed altre persone inattive al fine di semplificare e rafforzare il diritto di libera circolazione e soggiorno di tutti i cittadini dell’Unione.

(...)

(5) Il diritto di ciascun cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri presuppone, affinché possa essere esercitato in oggettive condizioni di libertà e di dignità, la concessione di un analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza. (…)

(...)

(10) Occorre tuttavia evitare che coloro che esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo iniziale di soggiorno. Pertanto il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe essere subordinato a condizioni.

(...)

(15) È necessario inoltre tutelare giuridicamente i familiari in caso di decesso del cittadino dell’Unione, di divorzio, di annullamento del matrimonio o di cessazione di una unione registrata. È quindi opportuno adottare misure volte a garantire che, in tali ipotesi, nel dovuto rispetto della vita familiare e della dignità umana e a determinate condizioni intese a prevenire gli abusi, i familiari che già soggiornano nel territorio dello Stato membro ospitante conservino il diritto di soggiorno esclusivamente su base personale».

4 L’articolo 1 della direttiva 2004/38, intitolato «Oggetto», prevede quanto segue:

«La presente direttiva determina:

a) le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

b) il diritto di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

c) le limitazioni dei suddetti diritti per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica».

5 L’articolo 7 di tale direttiva, rubricato «Diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi», ai paragrafi 1 e 2, così dispone:

«1. Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a) di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c) – di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale,

– di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per sé stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d) di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c).

2. Il diritto di soggiorno di cui al paragrafo 1 è esteso ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro quando accompagnino o raggiungano nello Stato membro ospitante il cittadino dell’Unione, purché questi risponda alle condizioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c)».

6 L’articolo 13 della direttiva in parola, intitolato «Mantenimento del diritto di soggiorno dei familiari in caso di divorzio, di annullamento del matrimonio o di scioglimento dell’unione registrata», è così formulato:

«1. Senza pregiudizio delle disposizioni del secondo comma, il divorzio, l’annullamento del matrimonio dei cittadini dell’Unione o lo scioglimento della loro unione registrata di cui all’articolo 2, punto 2, lettera b), non incidono sul diritto di soggiorno dei loro familiari aventi la cittadinanza di uno Stato membro.

Prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente, gli interessati devono soddisfare le condizioni previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettere a), b), c) o d).

2. Senza pregiudizio delle disposizioni del secondo comma, il divorzio, l’annullamento del matrimonio o lo scioglimento dell’unione registrata di cui all’articolo 2, punto 2, lettera b), non comportano la perdita del diritto di soggiorno dei familiari del cittadino dell’Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro se:

a) il matrimonio o l’unione registrata sono durati almeno tre anni, di cui almeno un anno nello Stato membro ospitante, prima dell’inizio del procedimento giudiziario di divorzio o annullamento o dello scioglimento dell’unione registrata (...)

(...)

c) situazioni particolarmente difficili, come il fatto di aver subito violenza domestica durante il matrimonio o l’unione registrata, esigono la conservazione del diritto di soggiorno; (...)

(...)

Prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente, il diritto di soggiorno delle persone interessate rimane subordinato al requisito che esse dimostrino di esercitare un’attività lavorativa subordinata o autonoma, o di disporre per sé e per i familiari di risorse sufficienti affinché non divengano un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, nonché di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero di fare parte del nucleo familiare, già costituito nello...

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