KO contra Consulmarketing SpA, en faillite.

JurisdictionEuropean Union
ECLIECLI:EU:C:2021:208
Celex Number62019CJ0652
Docket NumberC-652/19
Date17 March 2021
CourtCourt of Justice (European Union)
62019CJ0652

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

17 marzo 2021 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Clausola 4 – Principio di non discriminazione – Ragioni oggettive che giustificano un trattamento diverso dei lavoratori a tempo determinato – Direttiva 98/59/CE – Licenziamento collettivo – Normativa nazionale relativa alla tutela da accordare a un lavoratore vittima di un licenziamento collettivo illegittimo – Applicazione di un regime di tutela meno vantaggioso ai contratti a tempo determinato stipulati prima della data della sua entrata in vigore, convertiti in contratti a tempo indeterminato successivamente a tale data»

Nella causa C‑652/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Milano (Italia), con ordinanza del 5 agosto 2019, pervenuta in cancelleria il 2 settembre 2019, nel procedimento

KO

contro

Consulmarketing SpA, in fallimento,

con l’intervento di:

Filcams CGIL,

Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL),

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, A. Kumin (relatore), T. von Danwitz, P.G. Xuereb e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: J. Kokott,

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per KO, la Filcams CGIL e la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), da C. De Marchis Gòmez, avvocato;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Aiello ed E. Manzo, avvocati dello Stato;

per la Commissione europea, inizialmente da B.-R. Killmann, A. Spina e M. van Beek, successivamente da B.-R. Killmann e A. Spina, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU 1998, L 225, pag. 16), della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro») e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43), nonché degli articoli 20 e 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra KO e la Consulmarketing SpA, in fallimento, in merito alla tutela giuridica da accordare a KO a seguito del suo licenziamento da parte della Consulmarketing nell’ambito di un licenziamento collettivo illegittimo.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Direttiva 98/59

3

I considerando 2 e 6 della direttiva 98/59 sono così formulati:

«(2)

considerando che occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nella Comunità;

(...)

(6)

considerando che nella carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo, si dichiara in particolare al punto 7 (...) [che] “[l]a realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea (...)”».

4

L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva prevede che essa non si applica, in particolare, «ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti».

Direttiva 1999/70 e accordo quadro

5

Ai sensi del considerando 14 della direttiva 1999/70 «le parti contraenti hanno voluto concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato; hanno espresso l’intenzione di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato».

6

Il secondo comma del preambolo dell’accordo quadro stabilisce che le parti firmatarie di quest’ultimo «riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori [e] che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori».

7

La clausola 1 dell’accordo quadro, intitolata «Obiettivo», così dispone:

«L’obiettivo del presente accordo quadro è:

a)

migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

(...)».

8

Ai sensi della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro:

«Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

9

La clausola 3 dell’accordo quadro, intitolata «Definizioni», prevede quanto segue:

«1.

Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

2.

Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo indeterminato comparabile” indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest’ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali».

10

La clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», così dispone:

«1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

(...)

4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive».

Diritto italiano

11

La legge del 23 luglio 1991, n. 223 – Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro (supplemento ordinario alla GURI n. 175 del 27 luglio 1991), come modificata dalla legge del 28 giugno 2012, n. 92 – Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita (supplemento ordinario alla GURI n. 153 del 3 luglio 2012) (in prosieguo: la «legge n. 223/1991»), fissa il quadro giuridico applicabile alle procedure di licenziamento collettivo, di cui fanno parte segnatamente le disposizioni che recepiscono la direttiva 98/59 nel diritto italiano. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che l’articolo 5, comma 1, della legge n. 223/1991 stabilisce i criteri sui quali il datore di lavoro si deve basare, in caso di licenziamento collettivo, per determinare quali lavoratori vi saranno sottoposti.

12

L’articolo 5, comma 3, della legge n. 223/1991 così dispone:

«(...) In caso di violazione dei criteri di scelta [dei lavoratori che saranno licenziati] previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma dell’(...) articolo 18 [della legge del 20 maggio 1970, n. 300 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento (GURI n. 131 del 27 maggio 1970)] (...)».

13

Il primo e il quarto comma dell’articolo 18 della legge del 20 maggio 1970, n. 300, nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, prevedono quanto segue:

«Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio (...) ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro (...) la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero...

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