La Corte Centroamericana de Justicia

AuthorIvan Ingravallo
ProfessionRicercatore di Diritto internazionale nell'Università degli Studi di Bari 'Aldo Moro'.
Pages177-200

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  1. L’analisi della Corte Centroamericana de Justicia (CCJ o Corte di Managua), delle sue origini, struttura, competenze, principali realizzazioni, dev’essere condotta considerando il più ampio ambito di cooperazione regionale nel quale essa è inserita, vale a dire quello centroamericano, realizzato principalmente nel contesto organizzativo del SICA (Sistema de Integración Centroamericano). Infatti, solo cogliendo appieno i caratteri della cooperazione tra gli Stati della regione centroamericana risulta possibile un esame corretto di quella Corte. Il termine integrazione, infatti, più volte utilizzato nei documenti ufficiali del SICA (accordi, protocolli, dichiarazioni, ecc.) e nelle sentenze della stessa CCJ, potrebbe indurre ad effettuare un parallelo con il sistema di integrazione europeo, mentre i due sistemi appaiono assai diversi, sotto molteplici profili. Come la Corte di giustizia ha affermato da tempo, sin dalla celebre sentenza Van Gend en loos del 5 febbraio 1963, la Comunità (oggi l’Unione) europea “costituisce un ordinamento di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani”, trasferendoli alla Comunità (oggi all’Unione), competente ad esercitarli sia nei confronti degli Stati memebri sia dei loro cittadini1. Il SICA, invece, come vedremo,

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    sembra caratterizzarsi più come organizzazione internazionale, se non addirittura, per alcuni profili, quale semplice conferenza di Stati, piuttosto che quale sistema di integrazione, inteso nel senso poc’anzi ricordato. Per tale motivo, l’utilizzazione di termini uguali o simili a quelli presenti nel diritto dell’Unione europea anche nel quadro del SICA dev’essere considerata con cautela, in ragione delle differenze tra i rispettivi contesti.

    In potenza, la regione centroamericana possiede caratteristiche storiche, geografiche, economiche e culturali molto favorevoli per la realizzazione di una collaborazione forte tra gli Stati dell’area. Essa si estende su un territorio grande all’incirca quanto la Spagna e comprende una popolazione pari a meno della metà di quella italiana (circa 30 milioni di abitanti); gli Stati centroamericani condividono la lingua (spagnola), hanno avuto vicende storiche abbastanza uniformi e hanno un’economia prevalentemente focalizzata su agricoltura e servizi (incluso il turismo) e sostenuta dalle importanti rimesse degli emigrati, sia interni alla regione centroamericana, sia residenti negli Stati Uniti o in Europa2.

    Sin dall’indipendenza dalla Spagna, dichiarata nel 18213, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua hanno manifestato una forte propensione a forme associative e organizzative comuni, in nome di una ideale “identità centroamericana”. Queste iniziative, però, hanno avuto una breve durata e vi sono stati numerosi conflitti tra gli Stati della regione centroamericana e anche al loro interno4; inoltre, le grandi potenze dell’epoca, a partire dal Regno Unito, hanno favorito la divisione tra gli Stati centroamericani, in modo da poter meglio esercitare la loro influenza nell’area5.

    Anche nel corso del ’900 vi sono state diverse iniziative di collaborazione tra i cinque Stati centroamericani. Ricordiamo in particolare l’Accordo di Washington del 20 dicembre 1907 con cui fu creata la prima Corte Centroamericana de Justicia (c.d. Corte di Cartago), che rappresentò un evento importante, sulla carta, in quanto costituì il primo esempio di tribunale internazionale dotato di giurisdizione obbligatoria e permanente e azionabile anche da parte di privati; ma in pratica questa Corte, priva di un sostegno convinto degli Stati

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    centroamericani, non riuscì a svolgere un’azione rilevante e, dopo dieci anni, non fu rinnovata6.

    Numerose iniziative di “integrazione” sono state intraprese a partire dagli anni ’50 del secolo scorso (con l’istituzione dell’ODECA nel 19517) e rilanciate nel corso degli anni ’90 (con l’istituzione del menzionato SICA nel 1991, su cui torneremo tra poco)8.

    La gran parte delle iniziative intraprese, sinteticamente richiamate, non è riuscita a produrre una forma di cooperazione forte e strutturata; a tutt’oggi, in buona sostanza, la “comunità centroamericana” – che viene a gran voce proclamata9 – è nella realtà concreta caratterizzata da molteplici elementi di divisione, che appaiono prevalere su quelli di cooperazione.

    Gli ostacoli sulla strada dell’integrazione tra gli Stati dell’Istmo sono molteplici e di diversa natura. Taluni sono interni agli Stati coinvolti, nei quali è spesso mancata la stabilità necessaria a consolidare un processo di collaborazione, a causa di colpi di Stato, dittature, guerre civili, fragilità delle istituzioni politiche, forte ruolo dell’esercito, corruzione, ecc. L’instabilità interna ai singoli Stati centroamericani e le divisioni tra di essi sono anche state alimentate dalla attiva presenza di un vicino ingombrante come gli Stati Uniti, che dai primi del ’900 hanno iniziato a considerare l’America centrale come il proprio “cortile di casa”: si pensi al ruolo delle multinazionali USA (proprietarie di estesissime piantagioni in America centrale), al sostegno dato da Washington a numerose dittature nell’area, spesso attraverso colpi di Stato realizzati da militari centroamericani addestrati negli USA, così come all’azione di finanziamento e sostegno ai gruppi militari e paramilitari contro i governi centroamericani sospettati di avere un le-

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    game con l’Unione sovietica o comunque caratterizzati da un’impostazione politica non gradita agli USA, come nelle note vicende che hanno coinvolto il regime sandinista del Nicaragua all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso10.

    La debolezza del processo di integrazione è dovuta anche ad altre motivazioni. Non sembra esserci, come già segnalato, una chiara visione di quali Stati coinvolgere, dal momento che, oltre ai cinque Stati già ricordati, in tempi più recenti i fenomeni di organizzazione regionale nell’America centrale hanno coinvolto anche Panama (indipendente dalla Colombia nel 1903)11 e il Belize (indipendente dal Regno Unito solo nel 1981 e già Stato membro di un’altra organizzazione di integrazione regionale qual è la CARICOM) e, sotto certi profili, la Repubblica dominicana, che pure non vi rientra da un punto di vista geografico, in quanto è collocata nell’area caraibica. Ciò mostra una certa indeterminatezza nella individuazione del profilo geopolitico dell’area. Un altro dato è la mancanza di uno o più Statiguida del processo di organizzazione/integrazione (ruolo che nel caso europeo è svolto da Germania e Francia), ed è anzi ben nota la difficoltà di coinvolgere il Costa Rica, che è di gran lunga il più stabile e prospero Stato centroamericano, in numerosi ambiti di cooperazione intraregionale12.

    Permangono, infine, alcune controversie territoriali ancora non risolte tra gli Stati centroamericani, il che non appare un buon auspicio per la loro collaborazione. In sintesi, e per limitarci agli ultimi due decenni, ricordiamo la controversia tra Costa Rica e Nicaragua relativa ad alcuni diritti di utilizzazione del fiume San Juan, che è stata decisa dalla Corte internazionale di giustizia il 13 luglio 2009, quella tra Nicaragua e Honduras relativa al Mar dei Caraibi risolta dalla stessa Corte dell’Aja l’8 ottobre 200713, la controversia frontaliera tra El Salvador e Honduras, che ha coinvolto anche il Nicaragua e che è stata risolta dalla Corte internazionale di giustizia l’11 settembre 199214; ricordiamo inoltre la (non risolta) controversia territoriale tra Guatemala e Belize, relativa ad una porzione di circa 12000 kmq del territorio di quest’ultimo15.

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  2. La difficoltà di instaurare una solida cooperazione tra gli Stati dell’America centrale emerge da un esame della principale organizzazione internazionale istituita con il fine dichiarato di perseguire l’integrazione in tale area geografica, il già menzionato SICA16. È a partire dal Protocollo di Tegucigalpa alla Carta dell’ODECA, concluso il 13 dicembre 1991 dai cinque Stati centroamericani e da Panama, che si ha un rilancio del processo di collaborazione tra gli Stati dell’area, con l’istituzione del SICA, entrato in funzione il 1° febbraio 1993 (nel 2000 ha aderito il Belize e, in prospettiva, potrebbe farlo anche la Repubblica dominicana, che al momento è solo associata al SICA17). Si tratta di un’organizzazione istituita con l’intenzione, assai ambiziosa, di rendere la regione Centroamericana un’area di “pace, libertà, democrazia e sviluppo”18, dopo i numerosi conflitti, interni e internazionali, che l’avevano caratterizzata nei decenni precedenti19. I principi alla base del SICA includono il rafforzamento della democrazia e della pace, la promozione dello sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente, il contrasto al terrorismo, alla corruzione e al traffico di armi, la realizzazione di una unione economica capace di inserirsi in maniera coesa nelle dinamiche del commercio internazionale, la promozione del benessere economico e della giustizia sociale per le popolazioni del Centro america.

    In seguito, nel quadro della collaborazione instaurata con il SICA, ma in maniera indipendente rispetto a questo, gli Stati centroamericani hanno concluso numerosi altri accordi, tra cui ricordiamo il Protocollo del 29 ottobre 1993 al Trattato ODECA (c.d. Protocollo di Guatemala), volto a realizzare l’Unione economica centroamericana20, il Tratado de integración social centroamericana del 30 marzo 199521 e il Tratado marco de seguridad democrática del 15 dicembre 199522. Questi accordi rimangono tra loro autonomi e vincolano quindi solo gli Stati che, secondo un modello di “pick and choose”, decidono di aderirvi23.

    Il SICA quindi, in maniera non dissimile da quanto accaduto nel passato, da un lato mostra la volontà dichiarata dagli Stati membri di dare vita ad un pro-

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    cesso di integrazione economica...

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